Quante volte ti sei trovato/a nella situazione di
“tamponare”, mascherare , non esprimere
le tue emozioni?
Se sei qui evidentemente qualcosa di simile l’hai vissuta!
Oggi parleremo di
Alessia e Luca.
Alessia è una donna di 23 anni, studentessa universitaria e lavoratrice part time presso un supermercato. Lavora per pagarsi gli studi, è gentile e solare. Ha tanti amici che le vogliono bene e tutti la definiscono una persona serafica, sempre calma. Le piace trascorrere il tempo con le persone che ama e non ricorda di aver mai discusso con qualcuno in tutta la sua vita. Fortunata? Be’, forse non proprio. Quando si trova in situazioni spiacevoli, ad esempio se qualcuno le manca di rispetto, Alessia piange. Se qualcuno le fa un torto, Alessia piange. Insomma, non prova mai rabbia. Chiude un occhio su moltissime cose e se si va più a fondo nella sua storia, emerge la sua convinzione che l’idea di
arrabbiarsi con qualcuno non è una buona cosa, anzi, la sola idea la spaventa molto: “ se mi arrabbiassi perderei l’amore delle persone che amo”; “se mi arrabbiassi, non sarei una brava ragazza”; o ancora
“arrabbiarsi con l’atro equivale a non volergli bene”. Come potete immaginare, Alessia avrà nel tempo imparato che provare l’emozione della rabbia,
esprimerla e manifestarla apertamente è un rischio; e quindi
quello che fa quando le capita qualcosa che farebbe arrabbiare chiunque,
è di coprire la sua emozione di rabbia con un’altra, di solito la tristezza. Quindi si sente triste quando qualcuno le manca di rispetto; piange quando dovrebbe litigare con qualcuno, e sotterra sempre di più la sua rabbia senza darsi la possibilità di esprimere ciò che sente e pensa davvero.
Luca, invece, è un uomo di 32 anni.
Luca, apparentemente sembra una persona sicura, forte, ma in realtà nasconde delle profonde fragilità e insicurezze.
Vive una relazione sentimentale da 10 anni. Ha un lavoro autonomo, abbastanza avviato, è consapevole delle sue qualità e potenzialità, ma quando accade qualcosa per lui spiacevole, sia nell’ambito lavorativo che relazionale, preferisce non condividerlo con nessuno, tanto meno col suo compagno, fingendo che tutto vada bene.
Quando capitano situazioni, in cui non viene apprezzato, o nei casi in cui la sua performance lavorativa non ottiene elogi,
si isola con se stesso, non condividendo i suoi dispiaceri, motivando l’accaduto con un “
tanto non era importante, si sa come vanno le cose”, ma in realtà nasconde una pesante
delusione.
Lo stesso capita nella sua relazione sentimentale e nelle sue amicizie. Davanti a malcontenti, eventi in cui si sente triste o in disaccordo, non lo esterna perché pensa:
“se dico che sto male, penserà che sono debole, e probabilmente non sarà più interessato a me” “le cose devono andare sempre bene, altrimenti annoio e gli altri si allontano”.
Quello che fa è
rimuginare e fingere che le cose vadano sempre bene, che gli insuccessi non esistano nella sua vita, costruendo e rafforzando giorno per giorno una corazza esterna, diventata, oramai, molto pesante e pressante.
Come avrete capito,
Luca, ha imparato e fatto suo nel tempo,
che l’unica emozione da dimostrare, è la felicità, a qualunque costo,
pagando il prezzo di non essere se stesso.
Quello che fanno
Luca e Alessia è trattare le loro emozioni di tristezza e rabbia come un
nemico da cui difendersi, in quanto percepite come pericolose.
Il risultato sarà di un “
vorrei che mi capissero, vorrei condividere la mia tristezza, ma non posso essere me stesso… se mi mostro triste rimarrò solo e sarò facilmente attaccabile” per Luca; mentre
per Alessia “mi sento così triste quando gli altri non hanno rispetto per me, sono impotente e non mi resta che subire”.
Cosa potrebbe essere importate fare? Sicuramente
riflettere sul significato che Alessia e Luca hanno
attribuito alle emozioni che tentano di negare!
È reale l’idea che arrabbiarsi con qualcuno comporti la sua perdita? È reale il pensiero che essere triste corrisponda a debolezza?
Come mai e quando Alessia e Luca hanno appreso queste convinzioni? Il costo da pagare, quindi negare le loro reali emozioni, quanto è conveniente?
E' importante per loro
ripercorrere le esperienze vissute per capire il nesso tra la costruzione di questa idea che forse quando erano bambini li ha aiutati ad avere l’amore dei loro cari, ma che oggi si rivela disfunzionale, tanto da portarli verso una
insoddisfazione di non essere compresi, apprezzati, oltre alla pesantezza
di doversi nascondere qualcosa, di dover in qualche modo essere diversi da ciò che vorrebbero essere.
È come se fossero
divisi in due: da una parte vorrebbero che le cose andassero diversamente, esprimere le loro emozioni vere, dall’altra continuano a rispondere a giudizio interiore: se lo farai verrai abbandonato.
Luca e Alessia non hanno mai avuto esperienze diverse rispetto a questo. E forse questo potrebbe essere un
ulteriore passo: una volta colto il significato che loro stessi hanno attribuito alle emozioni che si sforzano di negare, e l’importanza che attribuiscono al “dover essere”, anziché al “voler essere” se stessi, potranno magari darsi il
permesso di vivere ciò che si sono sempre impediti di
vivere.
GIUSEPPINA ARCELLA PSICOLOGA - PSICOTERAPEUTA PAGINA FACEBOOK
GIOVANNA FURNERI PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA PAGINA FACEBOOK